Sexstopper
In una recente intervista, l’attore di Heartstopper, Kit Connor, ha rilasciato il seguente commento: «Nei media queer, il sesso gay viene spesso rappresentato in modo super ipersessualizzato, il che è la realtà per certi versi, ma non tutto il sesso gay è unicamente quello, avete presente? Quindi è importante continuare a esplorare questi argomenti alla maniera di Heartstopper».
Nella nuova stagione dell’high-school drama amato da tuttə, per i nostri beniamini Nick e Charlie è giunto il momento di affrontare la prima volta, e in uno show tutto cuoricini, arcobaleni e fiorellini, certo non potevamo aspettarci di vedere i due protagonisti portare in scena tutte le pagine del Kamasutra. L’universo di Heartstopper ha un’aura di innocenza e di volemose tutti bene: una puntata sordida incentrata, che ne so, su Nick e Charlie alla scoperta del chemsex stonerebbe un pochettino.
Considerato il target dello show, è un bene mostrare una conversazione sana sul sesso. Sì, è un po’ troppo utopico e forse un tantinello didascalico, ma è quello il tono di Heartstopper.
La domanda, però, sorge spontanea: a cosa si riferisce Kit Connor? Questi media queer ipersessualizzati sono qui con noi ora in questa stanza?
Spoiler: no.
Anzi, è un miracolo se c’è qualche media queer…
Secondo l’ultimo rapporto del GLAAD (acronimo di Gay & Lesbian Alliance Against Defamation, ente statunitense che si occupa a promuovere e garantire un’accurata rappresentazione delle persone LGBTQ+), i personaggi queer in serie e film diminuiscono sempre di più, per non parlare delle varie cancellazioni di prodotti queer che ci sono state: ancora mi piange il cuore per Dead Boy Detectives, e mettiamo una pietra sopra a tutta la faccenda con A League of Their Own.
Lobby gay qua, lobby gay là, il woke che è ovunque… tutta fuffa. Abbiamo sempre di meno e producono sempre di meno. E con la recente vittoria del puffo arancione, la situazione peggiorerà e basta (allegria, portami via).
Ma allora queste scene di sesso gay ipersessualizzato da dove saltano fuori? L’ultimo show con scene di sesso esplicite e abbastanza forti che mi viene in mente è Queer as Folk USA e parliamo di vent’anni fa. Forse quella trashata di Élite? Se ti riferisci a Sense8 o Fellow Travellers, Kit, irrompo in casa tua munita di…
… dizionario perché dobbiamo un po’ rivedere la tua definizione di ipersessualizzato.
E mentre Kit Connor tiene sigillati nello scantinato di casa questi fantomatici show con sesso gratuito a go-go che ha visto solo lui (ti voglio bene, Kit, sei tanto caruccio), mi viene in mente che non è la prima volta che sento discorsi del genere intorno a Heartstopper.
Anzi, è proprio ciò su cui si fonda il marketing della serie.
Nel 2017 Alice Oseman aveva lasciato questo commento sul suo account Tapas (commento misteriosamente scomparso):
Alice Oseman si è opposta fin da subito, e vigorosamente, alla categorizzazione del suo graphic novel come BL, anche se da definizione lo è: il Boys’ Love è narrativa che ha come focus relazioni romantiche tra personaggi maschili. L’ha scritto lei stessa: «Questo fumetto tratta solo l’amore tra due ragazzi». Ergo è un BL, d’uh.
Ma la ciliegina sulla torta di questo commento è la sua generalizzazione di questo genere di manga che riduce a becero porno, mostrando una grave ignoranza della storia del BL/yaoi, la cui influenza è tra l’altro palese in Heartstopper. Sentite anche voi quest’odorino di ipocrisia?
Nessunə sta qui a negare che i natali di questo genere siano stati ben poco idilliaci e che abbia presentato e presenti diverse tossicità (tra cui, sì, la feticizzazione), ma quando vent’anni fa la letteratura LGBTQ+ era praticamente il nulla cosmico o considerata un esercizio di stile alla Statua di sale, noi poveri giovani queer avevamo solo gli yaoi, gli shōnen ai e gli yuri (e niente shōjo ai, mi raccomando, vuol dire tutt’altra cosa!) dove trovarci rappresentatə. Quelli e le fanfiction.
L’esperienza esaltante di andare in fumetteria e rovistare nello scaffale più remoto, vicino al cesso, in ginocchio su un pavimento lurido alla ricerca di qualche raro yaoi o yuri sotto lo sguardo giudicante del commesso credo sia emblematica della fame di rappresentazione che avevo. E vedere l’enorme differenza con oggi dove ci sono sezioni intere dedicate a BL e GL mi riempie di gioia.
È bello soprattutto assistere a un consistente miglioramento riguardo alla costruzione dei personaggi e a come vengono affrontate tematiche LGBTQ+: manga come Oltre le onde, La persona che mi piace non è un ragazzo, Home Far Away, Umibe no étranger, Blue Flag me li sognavo vent’anni fa. L’evoluzione è evidente e non può che essere accolta con gioia.
Fatto sta che tanti artisti contemporanei queer e non in Occidente sono stati influenzati da questo genere di manga, tra cui Alice Oseman.
In seguito, in risposta al commento riportato qui sopra, ha fatto leggermente marcia indietro con un altro post (ma anche questo è misteriosamente sparito).
Tralasciamo il fatto che continua imperterrita a considerare yaoi e BL la stessa cosa (tutti gli yaoi sono BL, ma non tutti i BL sono yaoi), soprassediamo anche sull’inserimento di una scanlation (alla faccia degli artisti che si sostengono a vicenda), ma di nuovo insiste sul concetto di esplicito, sul raccontare storie in modo rispettoso, su come lei e questa mangaka in particolare hanno un approccio in sostanza più “sano”. Non si può trattare di relazioni e sentimenti complessi se contornati dal sesso, una convinzione che ha ribadito in un altro post (anche questo misteriosamente svanito. Incredibile come Internet si mangi post e commenti uno dietro l’altro).
Sto rivangando cose di 7 anni fa? Sì, ma questo nuovo commento di Kit Connor non mi fa ben sperare in un cambiamento di opinione. Alice Oseman ha insistito fin dall’inizio che la sua storia non era e non sarebbe mai stata sessuale, che non era appropriato, e ora se ne escono fuori con: «Be’, il sesso non è così sessuale come lo è nei media queer famosi»?
Love is love. È da un po’ che è diventato lo slogan del movimento LGBTQ+ con cui ho qualche problema di fondo. La nostra battaglia per esistere si è ridotta in un “accettateci perché anche noi ci amiamo proprio come voi”. Come se assimilarci, fare il “bravo gay” fosse la chiave di svolta. Assecondare questa cultura di purezza che, sorpresa sorpresa, demonizza esclusivamente i media queer più maturi (nessunə batte ciglio per il sesso etero) ci si ritorcerà contro e basta.
La gente fa sesso, gli adolescenti fanno sesso. Che tu voglia rappresentarlo o meno in una tua opera, è una tua scelta personale. Che tu voglia narrare l’esperienza queer come pucciosa e fluffosa, va benissimo. Il problema è cercare di trasformare la rappresentazione queer in una competizione. Il problema è che Heartstopper celebra la purezza e l’innocenza come antidoto necessario a una fantomatica cultura di sessualità gay promiscua, e che piegarsi verso posizioni conservatrici sia la chiave dell’accettazione. Il problema è disprezzare e non considerare autentica l’esperienza queer nel BL e nei contenuti LGBTQ+ asiatici, mostrando una sorta di complesso di superiorità.
Però, intanto, i media queer occidentali sono un deserto con la balla di fieno rotolante, a est, tra Giappone, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, ecc., solo quest’anno hanno sfornato più di 150 serie BL (e sono anche aumentati i GL)… e ce n’è per tutti i gusti: da fluff a smut. E coprono svariati generi. A coloro che esaltano Heartstopper come Sacro Graal della rappresentazione queer, potrei nominare una marea di serie asiatiche con le stesse vibes (in primis, mi viene in mente My Only 12%).Heartstopper è carino, ma non è nulla di nuovo. Al che mi viene da dire: spostiamoci verso chi offre in maniera costante prodotti queer e basta accontentarsi del minimo indispensabile. O peggio ancora, di implorare per avere un infimo spaziocino.
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